Anche se la società romana aveva come tutte una serie di regole riguardo al sesso, nell'intimità molti cittadini non le rispettavano affatto. D'altra parte il problema non era tanto fare qualcosa che poteva essere considerato indegno, ma piuttosto chi lo veniva a sapere e soprattutto chi poteva dimostrarlo. Essere accusato da parte di un altro uomo libero poteva rovinare la carriera di un senatore; se invece la denuncia proveniva da una donna plebea l'accusato aveva più possibilità di uscirne pulito. Se a puntare il dito fosse stata una donna d'origine nobile di sicuro si sarebbero svolte delle indagini, mentre se era uno schiavo a fornire informazioni sulle perversioni di qualcuno, la persona in questione non aveva di che preoccuparsi. Lo status sociale era tutto a Roma e il valore della parola era direttamente proporzionale all'importanza di colui che la pronunciava; per questo un uomo o una donna di alto rango potevano permettersi i propri piaceri, assicurandosi sempre che non venisse a saperlo nessun personaggio rilevante. Tutte le definizioni che oggi usiamo per i diversi aspetti della sessualità non avrebbero alcun senso per un romano: per la società romana il sesso era sesso. Gli uomini potevano avere relazioni sessuali con individui del loro stesso genere o del sesso opposto, e nessuno li criticava per questo, sempre che l'altra persona avesse uno status sociale inferiore servi, schiavi, o anche uomini liberi stranieri.